La terrazza panoramica più bella dell'Alpe di Lusia.
L’aria che si respira è quella di uno spettacolo devastante che ormai da diversi anni mi accompagna lungo i miei interminabili sentieri. Vaia è una di quelle “catastrofi naturali” che non si limitano a quelle infinite ore di devastazione, Vaia è ciò che inesorabilmente lascia il segno nel tempo. Chissà per quanti decenni ancora dovremmo avere al nostro fianco l’inesorabile e triste scenario che questa terribile tempesta ha liberamente lasciato come testimonianza di una forza sopranaturale.
Per l’ennesima volta il sipario su questo mio mondo escursionistico si apre di fronte a l’ennesima tragedia portata da questo “mostro” senza controllo. Il centro visitatori del Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino porta in memoria tutto questo con una fotografia tanto grande quanto la potenza del mostro stesso. Una gigantografia mi verrebbe ora definirla, dove il grande spazio a lei riservato non basta per contenere il forte significato che esprime. Una foto immensa per una tragedia indimenticabile.
Il mio sentiero, il 626, prende così vita in un insieme di emozioni, l’ennesime per un mio nuovo cammino, e la tristezza che non riesco a metabolizzare dopo tutti questi anni. Un’ampia strada forestale che sale in quota senza impegno, una serpentina che diviene curva dopo curva sempre più panoramica e che la devastazione stessa amplia sempre di più. Fino a qualche anno fa tutto ciò che dava vita ai boschi della Val del Diavolo non permetteva di osservare più di tanto ciò che la Val Travignolo custodiva nei versanti maggiori. Ora Vaia stessa diviene anche complice involontaria di uno spettacolo che mi permette di guardare verso il Lagorai come prima non si poteva. Una “magra” consolazione di fronte a una tragedia indescrivibile.
Alcune tabelle di avviso mi fanno presente l’impraticabilità del sentiero dovuto a lavori di deforestazione nelle aree più colpite, con l’alternativa nel Sentiero della Miniera per raggiungere Malga Bocche. Vado ugualmente avanti con quel mio pensiero abbastanza ricorrente in cui l’alternativa in Natura si presenta sempre. E su questo non mi sbaglio e gioco questa mia carta grazie alla conoscenza del territorio e delle possibili alternative da seguire.
Bellissima salita con altrettanti punti di vista. Questa spalla semi distrutta da vita a quella parte finale, quella più a monte, dell’intera Val Travignolo. Una lunga e rigogliosa valle che dalla Val di Fiemme sale in direzione del Passo Rolle e che rappresenta al meglio i diversi punti di vista della selvaggia catena del Lagorai. Punti di riferimento la bellissima vetta di Cima Colbricon (2602m), per poi guardare al Passo Rolle stesso dove la Cavallazza (2324m) anticipa di poco i primi frangenti del versante a Nord del Gruppo delle Pale. Capostipite di tutto questo, inevitabile a dire la verità, l’imponente dente roccioso del Cimon de la Pala (3184m).
Ciò che maggiormente mi affascina è quel bosco che finalmente mi si pone di fronte. Dopo un susseguirsi di distruzione di massa la mia strada trova così una fine, per dare vita a quel sentiero che ora torna all’ombra di questa fitta vegetazione. Tutto cambia notevolmente, tutto prende una vita completamente diversa dove questo bosco esprime la vita stessa nel rigoglioso Rio di Bocche e quel suo piacevole frastuono. Dopotutto la Primavera quassù rimane sempre quel periodo delle fioriture più belle e di quel disgelo che inevitabilmente da vita a queste vene piene di vita.
Ne approfitto per quel avvicinamento in tutta sicurezza. Sento il bisogno di farmi avvolgere da questo straordinario frastuono e cerco quel punto perfetto per gestire al meglio questo mio bisogno mentale. Una leggera curvatura che da vita a un piccolo spazio dove un verde tappeto di humus sembra fatto apposta per il mio intento. Zaino a terra e seduto comodamente in questa che per me ora diviene una piacevole “oasi di pace”. Il torrente, forte e scrosciante, dista quel metro sufficiente per sentirmi accarezzato sulla pelle nuda da queste improvvisate nebulose cariche di vita. Le stesse che in modo del tutto naturale mantengono verde e rigoglioso questo mio prato.
Momenti che profumano di sensazioni. Momenti che non devono mai passare in secondo piano. Raccolgono a se il vero volto, la vera voce di questa Natura così libera. Il sentiero sale. Prosegue seguendo un disegno ben prestabilito, dove nei punti più pendenti le radici dei grandi arbusti presenti fanno da scalinate naturali al mio cammino. La Natura sa agevolare le cose, sa darti la giusta spinta per affrontare anche quei punti che potrebbero sembrare di poco conto, ma che nel contesto di un’intera giornata evidenziano l’impegno e anche certe difficoltà. Il bosco rimane mistico e misterioso. Il bosco è quel vero contatto con un ambiente dove la flora e la fauna con il tempo hanno raggiunto quel perfetto equilibrio e “stile” di vita.
Dalle creature più piccole come le formiche, visibili grazie a quei grandi e inconfondibili formicai, alla fauna dove uccellini di vario tipo si intrecciano tra un ramo e l’altro in un frenetico movimento dettato da una quotidianità che noi esseri umani mai riusciremmo (fortunatamente) a tradurre. È un susseguirsi di sensazioni, di rumori quasi sconosciuti che si diramano da un angolo all’altro. I miei passi seguono questo sentiero, salendo leggermente in quota attorniato da tutto questo. La luce appare improvvisa all’orizzonte. Non la luce del mio cielo ma è il bosco che ora mi saluta lasciando definitivamente spazio al grande alpeggio che leggermente più a monte nasconde la malga.
Quello di Bocche è sicuramente uno degli alpeggi più belli di questo versante maggiore della Val di Fassa. Un alpeggio per ora ancora lasciato libero ma che tra qualche settimana troverà nuova vita e con essa l’apertura di stagione di Malga Bocche. Prati per ora liberi, lasciati a questa Natura che con calma e dedizione segue un suo percorso. Il Rio Bocche non molla la presa, magari meno caotico di ciò che mi lasciava tra i boschi, ma sono i prati stessi che ora danno dimostrazione della Primavera più bella. Non quella del disgelo o altro, ma quella che si identifica in grandi tappeti colorati dai fiori di stagione. Il terreno in certi punti è umido, quasi paludoso. Tutto ciò che lentamente cresce e si muove al suo interno è un insieme di piccole creature che da questa fonte di vita traggono il beneficio dell’acqua e del caldo sole che ora finalmente rispecchia l’intero alpeggio. Tutto questo nel suo piccolo è magnifico.
Malga Bocche sta lassù, leggermente più a monte e al cospetto di tutto questo. Giungo in questo luogo ancora solitario e abbandonato, che tra poche settimane tornerà nuovamente e dare vitto e ospitalità al mondo escursionistico. Le vette maggiori guardano verso Cima Bocche (2745m) e una serie di spinali rocciose che si allungano splendidamente verso l’Alpe di Lusia, ancora ricoperte da quella stessa neve che alimenta il mio rio, i miei prati umidi. Pensare di salire lassù per il momento è un’idea che preferisco rimandare ancora di qualche settimana, quando il Lago Bocche (2253m) e il Laste di Iuribrutto mi permetteranno un cammino più sicuro e con la testa libera da ogni possibile imprevisto.
Preferisco fermarmi qui. Preferisco assaporare il silenzio di questo luogo al cospetto di un cielo che disegna nel suo azzurro delle grandi e bianche nuvole, mentre all’orizzonte, quello opposto di Cima Bocche, la neve copre ancora la maggior parte delle vette del Lagorai e di tutte quelle cime che da inizio giornata mi accompagnano in questo che io ora considero come l’ennesimo e piacevole cammino di vita. A tutto questo ora aggiungo quel particolare naturale che nelle ore precedenti si è esposto per poco. Il Cimon de la Pala è solo l’inizio di ciò che io considero come il punto di vista verso il versante a Nord delle Pale di San Martino. Un inizio che termina verso Cima Mulaz (2906m) dove, all’interno di questi due estremi, un mondo fatto di roccia Dolomitica nella sua espressione più bella.
La giornata è lontana da quei weekend che per tutto l’anno richiamano l’attenzione continua di escursionisti che vedono in Malga Bocche quell’itinerario che non conosce stagioni. La giornata è solitaria e il mondo che mi circonda sembra appartenermi per l’ennesima volta. Le grandi distese prative, i fiori e il soffiare del vento che accompagna a valle il piacevole frastuono delle acque del Rio Bocche. Tutto è più semplice, tutto si esprime con quell’umiltà dove nella mia assoluta solitudine riesco nuovamente apprezzare tutta la bellezza e la semplicità di questa mia Natura. Per me il mondo è tutto questo, mentre il resto lo ritengo pienamente relativo.
Stefano
Come sempre documentato in modo eccellente bravo e basta
Sempre ottime camminate! un altra da aggiungere alla lista 😊
Visto oggi il video. Bellissimi panorami ,che conoscevo,ma non con la tranquillità ed il silenzio gustato nel video. A breve andrò