Incantevole passaggio “oltre cortina”.
E in questo caso la perla delle Dolomiti, Cortina d’Ampezzo, non centra assolutamente nulla, perchè ciò che vi sto per raccontare è il resoconto di un indimenticabile trekking di giornata che dall’Italia sconfina di poco nel versante austriaco di Kartitsch, nel distretto territoriale di Linz. Dalle Dolomiti del Comelico al Tirolo austriaco per una totale immersione nel cuore dell’Hinteralm. Dove l’Obstanser Hutte (Rifugio Obstanser) e l’Obastanser See (Lago Obstanser) sono “solo” una piccola parte di questo angolo di Paradiso.
Casera Silvella in Val Digon – 1827m
Una lunga e stretta strada carrozzabile percorre l’intera Val Digon, interamente asfaltata ma con qualche tratto abbastanza tortuoso. Nulla d’impraticabile, sebbene nel porre la giusta attenzione in quei suoi tratti stretti e privi di qualsiasi protezione. Si entra così all’interno di questi boschi del Comelico, in quel suo versante più a Nord che a monte già disegna la lunga cresta della Traversata Carnica, linea di confine tra l’Italia e l’Austria (Alpi Carniche). Un cancello alla buona chiede di essere chiuso al momento del passaggio, per evitare così l’uscita inappropriata degli animali al pascolo e che anticipa di poco l’arrivo in Casera Silvella.
Alpeggio che si apre su di una vallata completamente priva di boschi. Casera Silvella rappresenta perfettamente quel tipico alpeggio nelle alte quote dove tutto ciò che compone il resto del mondo, quello caotico, sempre di fretta e in continuo conflitto, quassù non riesce ad arrivare. Si compone di bellissime mucche che al mattino presto si spargono all’interno di questo grande territorio che dalla lunga cresta della Costa della Spina sale in direzione del Col Quaternà (Knieberg – 2503m). Al centro di tutto questo immense spalle prative e “regno” di una notevole quantità di Marmotte, che già da questo punto si fanno ben sentire.
Il mattino presto ha il fresco in bocca. Il sole appare da poco alle spalle della lunga cresta che più a monte da vita a vette che del Comelico rappresentano sicuramente punti naturali di grande spessore. Cima Palombino (Porze – 2589m), Cima Vallona (Wildkarlek – 2532m) e quel Monte Cavallino (Gr Kinigat – 2689m) a chiudere questo immenso abbraccio. Oltre quella loro linea di quota maggiore, l’Austria e uno dei versanti più belli dell’intero Tirolo. Il verde domina all’interno di questo angolo delle Alpi Carniche, con quelle sfumature di colori particolari che con quel acceso colore del sole di primo mattino assumono un aspetto unico, inimitabile e che poi cambia con il susseguirsi delle ore.
Il cammino segue un’ampia strada bianca, sentiero 146, che sale nell’immediato per quei poco più 500m di dislivello che separano al Passo Silvella. Una serpentina panoramica che guarda verso i versanti maggiori della Costa della Spina, del Col Quaternà e per quei frangenti del Frugnoni (Hinteralb – 2580m) e di Cima Vanscuro (Pfannspitze – 2678m). Un intero frangente che da questo punto più a valle non da quel risalto particolare che troverò poi in quota, ma che per ora sono il mio riferimento principale. È lassù che il mio sentiero mi conduce, ma prima di tutto questo altre emozioni dietro ogni angolo.
Passo Silvella – 2329m
L’intero alpeggio della Silvella si espande lungo questo piacevole cammino. Mucche che trovano la loro pace e serenità con quella libertà di movimento che per istinto salgono anche nelle quote maggiori, al confine con un alpeggio che dalla Silvella dista poco tempo di marcia. È un alpeggio nascosto da ogni possibile punto di vista, una piccola dimora estiva che guarda verso l’intera valle e le creste superiori sicuramente con occhio privilegiato. Casera Rigoieto, 2080m di pace eterna che dal sentiero principale non è per nulla visibile. Per arrivarci le indicazioni sono molto facili.
Una piccola deviazione che merita quella mezz’oretta della tua attenzione, per poi riprendere il cammino verso il passo. È su di una curva a gomito, l’ultima per la salita al passo. Come riferimento un palo di legno che figurava come tabella indicativa di sentiero (la stessa tabella la si trova per terra), e una stradina bianca secondaria che prosegue sulla destra. È questione di pochi minuti per giungere al cospetto di questa piccola malga su di una terrazza panoramica meravigliosa. Interamente baciata dal sole estivo tra queste verdi spalle e una notevole quantità di Mucche e Marmotte libere tra questo loro habitat naturale.
Una deviazione che porta via così poco tempo. Occasione perfetta per poter avere di fronte un’intensa e completa panoramica dell’intera Val Digon, dei suoi boschi più a valle e delle vette lungo la criniera della Traversata Carnica. Da questo punto la via più breve per salire in croce di vetta del Monte Cavallino e quel nuovo versante che guarda verso il Tirolo austriaco. Basta poco per rientrare nuovamente sul sentiero 146 per completare così questa prima parte di cammino con la gioia nel cuore per tutto ciò che ora ci si porta dentro.
Un facile dislivello che cammina alla base di Cima Frugnoni, costellato anche in questa parte finale di Mucche e Marmotte con il loro interminabile “concerto” di fischi che si espande in tutta la valle. Una meravigliosa sensazione di Natura libera, che mi riempie il cuore con quel pizzico d’invidia “positiva” per ciò che la stessa Natura esprime. Il Passo Silvella si pone a 2329m di altitudine, dove il Col Quaternà svetta nel cielo con quella sua naturale forma piramidale che riporta indietro di milioni di anni, quando in epoche così lontane era un vulcano in piena attività.
La classica roccia bianca di Dolomia, quella che caratterizza i “monti pallidi” quassù viene invece rappresentata da rocce scure e di origine vulcanica, testimonianza ancora attuale del territorio vulcanico e che mantengono alla luce dei nostri giorni attività eruttive di grande spessore antiche di milioni di anni. È così per buona parte delle quote maggiori, come la Traversata Carnica che di per se stessa si compone di questa particolarità geologica. Solo in certe occasione, come il Monte Cavallino, si ritrova nuovamente la bianca e classica roccia di Dolomia, mentre per il resto prevale una composizione nettamente diversa.
Il passo ora amplia maggiormente verso nuovi territori. Mi lascio alle spalle questo versante maggiore del Comelico per un interessante punto di vista che guarda verso la Val Lorera, per metà ancora territorio del Comelico, e dei nuovi frangenti che nella Val Pusteria vede così aprirsi questo versante dell’Alto Adige. È solo un punto panoramico che non rientra all’interno del mio cammino, ma vede nei versanti più lontani le bellissime pareti della Croda Rossa di Sesto. Tutto ciò avrà più vita nella seconda fase di cammino quando, lasciato il passo quei poco più 200m di dislivello in salita, mi accompagneranno in Sella dei Frugnoni.
Sella dei Frugnoni – 2562m
Ultima parte impegnativa di giornata? Da una parte dico anche di si, ma per ora mi guardo per bene attorno perchè il sentiero 160 lascia il passo per quella sella che in quota maggiore farà totale chiarezza su tutto ciò che mi sembrerà di avere sotto i piedi. Qualche centinaio di metri sempre su quella comoda strada bianca per poi trovare il sentiero che affronta quel dislivello su ottimi passaggi, dove tutto ciò che mi aspetto diviene un po alla volta pura realtà. Resto ben nascosto da tutto quello che nei versanti maggiori identificano la Cresta Carnica, con improvvise folate di vento forte che sembrano trovare vita da questo punto in quota maggiore.
Folate improvvise che dal cielo disegnano ombre nuvolose sulla terra in continuo movimento. L’effetto visivo è straordinario, come se la Natura stessa mi offrisse uno dei suoi time laps più belli, che nei verdi prati di questi promontori si liberano tra gli spazi immensi. Pura poesia che coglie la mia attenzione anche su questi particolari, dove questa elegante danza d’ombre si allunga non solo verso la Val Digon ma anche lungo la Val Lorera. Meravigliosa ed ennesima espressione di Natura.
Entro così in una fase della nostra storia, che questa volta non si lega al periodo vulcanico ma a quella Grande Guerra del 15/18 e che vedeva l’intera Cresta Carnica come linea di trincea dell’esercito Austro Ungarico. La Caserma di Finanza presente è ormai un rudere a cielo aperto, che sconsiglio di visitare al suo interno non solo per il pericolo di crollo ma anche per la possibile presenza di piccole Vipere di alta montagna. La Grande Guerra certo, e se come ho fatto io un paio di anni fa nel raggiungere il Monte Cavallino da questo punto, tutto ciò che forma questo sentiero cammina su trincee dell’epoca e punti logistici dell’esercito oltre “Cortina”.
Rifugio e Lago Obstanser – 2304m
La sella è il punto massimo di giornata. Se mi lascio alle spalle la Val Lorera, il Quaternà e la Val Digon, ciò che i miei occhi ammirano accompagnato da una colonna sonora che solo il vento riesce splendidamente a scandire è il panorama che ora va “oltre Cortina”. L’Hinteralm e tutto ciò che il Tirolo austriaco da qui riesce a offrirmi. Sembra quasi un’immensa bocca di un remoto cratere, una sagoma del tutto naturale che nella mia immaginazione si traduce come luogo d’impatto di un’immaginaria e gigantesca meteorite. In realtà lo spettacolo si riassume con un immenso spazio verde, un alpeggio meraviglioso che in lontananza si specchia sul magnifico Obstanser See (Lago Obstanser) e quella minuta figura dell’Obstanser Hutte (Rifugio Obstanser).
Colpito da un magnetismo del tutto naturale, la mia mente ora sembra voler cancellare tutto ciò che è stato fino a qui, come se tutto ciò che ora mi si pone di fronte non abbia eguali. Il lago e il rifugio, il grande “panettone” roccioso del Robkopf (2603m) che sovrasta quell’angolo meraviglioso, e quei liberi pascoli che all’interno dell’Hiteralm si adagiano tranquilli al cospetto di un sole e di una giornata perfetta. Scendo seguendo il sentiero centrale che scorre inizialmente alla base di questo versante austriaco di Cima Frugnoni, per poi spostarmi leggermente al centro e venire così assorto da questi suoi immensi spazi liberi. Un piccolo torrente che dai versanti maggiori segue il mio stesso cammino, in direzione del lago per avvicinarmi così al pascolo e a queste meravigliose creature. Mi fermo qui per il giusto tempo, zaino a terra e una magnifica condivisione con questi animali.
Approfitto della situazione, la vivo nel suo silenzio assoluto e con la vivace compagnia di queste creature per nulla infastidite dalla mia presenza. Rimango così seduto sull’erba fresca, accarezzato dal vento e quell’inconfondibile e romantico tintinnio, per contemplare questo confronto tra me e tutto ciò che di più naturale non posso chiedere. Il Rifugio e il lago. È questione di pochi minuti, una bella camminata circolare lungo quelle placide sponde per sedermi poi comodamente in quella solare e fresca terrazza per ciò che ora diviene la pausa di metà giornata.
La lunga cresta in quota assume così un nuovo aspetto. Man mano che mi delizio di un lauto pranzo esclusivamente tradizionale, il panorama ora sale dal lago verso il Frugnoni, la vetta di Cima Vanscuro (Pfannspitze – 2678m) e un susseguirsi di spalle e forcelle a quote decisamente maggiori. Il grande vallone roccioso che dal Vanscuro scende in direzione del lago costeggiando il versante del Robkopf porta un sentiero con una lunga fila di escursionisti in direzione del rifugio stesso. Un lungo serpentone di una trentina di esseri umani a dare così vita in modo del tutto naturale a ciò che io identifico come il vero “spirito della montagna”.
Ma non mi voglio accontentare solo di tutto questo. Ho bisogno di guardare, osservare ogni possibile particolare da tutti i possibili punti di vista. Per il rientro alla sella allargo i miei orizzonti, tralasciando il sentiero centrale per salire lungo una creste che, oltre all’intero Hinteralm da un versante opposto, apre maggiormente un panorama verso le vicine vallate austriache, quelle più “civilizzate”. Creo così un piccolo anello centrale perfetto. Il lago, il rifugio e tutto ciò che nella mia fantasia da vita a questo “cratere” immaginario cambia ogni mia prospettiva. Il sole ora è maggiormente alto nel cielo, in questo pomeriggio dove il vento non cede minimamente la sua presenza. Tornare in sella, guardarmi indietro e dire a me stesso “alla prossima e sicura volta”.
Il Passo Silvella e la Val Digon. Tutto torna come avevo lasciato qualche ora fa, ma con quel valore aggiunto di rientrare in direzione di Casera Silvella riflettendo in una continua emozione di tutto ciò che è stato.
Stefano