L'Autunno in malga, con quella straordinaria voglia di pace e tranquillità.
I primi giorni autunnali hanno sempre quel loro strano sapore, quell’odore dove inizi un po alla volta a “respirare” un’aria che porta con se quella fresca brezza mattutina carica di uno stimolo di vita sempre nuovo. Nuovo come l’Autunno, come questa nuova stagione che ora entra definitivamente a fare parte della mia vita per il prossimo periodo. Un periodo che con l’alba porta con se quelle temperature che premuniscono un nuovo cammino da seguire, all’ombra delle grandi montagne ancora leggermente oscurate dalla loro imponenza.
Palafavera – Val di Zoldo – 1500m
E’ cosi che mi si presentano il Monte Civetta e il Monte Pelmo, da quella località di Palafavera nell’alta Val di Zoldo. Come di consuetudine l’Autunno porta con se il silenzio, il quasi totale abbandono di tutto ciò che fino a poco più di un mese fa dava vita al movimento turistico di fine Estate. Un’area adiacente al Rifugio Palafavera completamente libera da qualsiasi forma umana, e quel campeggio tanto rigoglioso durante la stagione estiva che ora da l’impressione dell’ennesimo luogo abbandonato da tutti. Anche questo è l’Autunno, con quel suo clima che non si limita unicamente a quel freddo pungente di primo mattino, ma anche di quel suo abbandono che con molta fatica porta con se anime in continuo movimento.
L’immagine più bella del sole che lentamente cresce, è quella in cui il lungo versante a Sud del Monte Civetta assume tutte le sembianze di una roccia invasa dal fuoco. Un’immagine che crea un effetto ottico straordinario e che anticipa una bella giornata dopo diversi giorni piovosi e densi di neve nelle quote superiori. Sono bastati pochi giorni in cui il sole tiepido brillasse tra queste montagne, pochi giorni per dare nuovamente vita a questa stagione. Per ora solo il Monte Pelmo sembra ancora dormiente, un lungo sonno dettato da quell’enorme e possente ombra che dal versante di Palafavera per ora rimane ancora coperta da sole. Ma per il Pelmo avrò tempo sufficiente nell’arco delle prossime ore.
Il sentiero 564 è una lunga strada forestale che sale con dolcezza attraverso un cammino che io definisco “artificiale”. Non parlo di un puro sentiero “naturale” che attraverso i boschi mi conduce verso la mia meta, ma bensì di ciò che è stato creato per dare vita agli sport invernali e tutto ciò che ne consegue. Un bel cammino certo, ma sebbene rientri in una parte dell’Alta Via n°1 è sempre un qualcosa legato alle piste da sci presenti e che in questo versante a Nord della Val di Zoldo è il cuore pulsante dello Ski Civetta. Una bella e tranquilla passeggiata, panoramica mentre mi lascio alle spalle Palafavera e di nuove prospettive che guardano verso i versanti maggiori.
Malga Pioda – Agordino - 1816m
Il Redolet è una vallata boschiva che con grande dolcezza dall’abitato di Pecol segue il mio stesso cammino. Boschi che da questa mia quota si compongono di appezzamenti di svariati colori. Tutto dipende dalla tipologia di pini presenti, in cui alcuni tengono ancora quella fresca e verde colorazione estiva mentre altri, tipo gli alberi ad alto fusto, esplodono già di quel foliage tanto atteso e che ora si fa piacevolmente osservare. Tutto questo guardando verso quei primi versanti di roccia franosa e di piccole insenature che con grande forza danno vita ai grandi bastioni che innalzandosi verso il cielo danno rigore al versante Nord del Monte Civetta. La panoramica è straordinaria, sebbene questa strada bianca mi tenga ancora lontano da ciò che io definisco il vero sentiero di montagna.
Toccare con mano il vero Autunno è quasi immediato. Una parte finale di cammino che su di una curva a gomito pone una bella e panoramica panchina adiacente a una baracca in legno. È questione di pochi passi per camminare all’interno dell’alpeggio della Pioda e giungere così nella casera omonima, quella Casera Pioda che a ridosso delle Crepe di Sora Pioda è sicuramente uno degli emblemi storici di questo territorio. Il sole già alto illumina tutto ciò che mi sta attorno di un colore intenso come il fuoco. Sia l’alpeggio della Casera che i boschi adiacenti ora profumano di questa stagione, in un intensità che sembra uscire dal pennello di uno dei più abili pittori contemporanei.
Dalla Val di Zoldo all’Agordino. È solo questione di un piccolo fazzoletto di terra per uscire temporaneamente da un territorio per entrare in un altro. È così che si posiziona la casera, all’interno del territorio comunale di Alleghe e di conseguenza nell’Agordino. Ma questa è unicamente una mia puntualizzazione personale, nulla che vada a cambiare i miei progetti per oggi. Una piccola pausa in malga, ora chiusa ma che porta con se alcune tracce di un alpeggio che deve essersi concluso da poco. Quella sua fontanella esterna ancora attiva e carica di quell’acqua fresca che con questo tiepido tepore è un rinascere alla vita. Nella mia mente il pensiero di quante persone siano transitate in questo punto cardinale così importante. Che sia dall’Agordino, dalla vicina Val Fiorentina e dalla Val di Zoldo, la malga ha per mesi unito a se migliaia di persone ognuna poi verso il proprio destino.
Ora tutto questo sembra fermo in un tempo quasi illimitato. Quel crocevia di tanti destini ora è un crocevia che condivido solo con quelle poche persone che in un giorno feriale riesco a contare sulle dita di una mano. Questo luogo è uno dei due obbiettivi di questa mia giornata autunnale. Mi viene per istinto quel forte desiderio di proseguire il mio cammino toccando finalmente con mano il puro sentiero di montagna, che con quella sua forte marcatura porta con se il cammino storico d'intere generazioni. E parlo del sentiero 556 che dalla Pioda sale in direzione del Rifugio Coldai (2132m) e del suo vicino e omonimo lago. Ma per oggi voglio dedicare tutta la mi attenzione a queste quote, a questi luoghi che per me ora esprimono al meglio la nuova stagione.
Quel sentiero lo salgo leggermente, quanto basta per salire di quota e addentrarmi così all’interno dei boschi della Pioda. Da qui un panorama che ora dona un aspetto completamente diverso di ciò che mi tengo alle spalle. Non solo punti di vista verso la malga ma anche a ridosso di quei versanti del Col Marin (1841m) e del Col de la Traversa (1887m) che nel panorama complessivo danno vita alla prima vista verso il Monte Pelmo. Il Pelmo certo, che finalmente entra in scena all’interno di questo teatro naturale. Una visione che non basta per soddisfare quella mia “fame” che dai miei occhi scende verso la mia anima. Dal versante maggiore della Pioda è un susseguirsi di cambi di punti di vista, dove le nuvole in questo mio cielo azzurro danno vita a ombre e sfumature del tutto particolari. Una su tutte guarda verso una piccola e vecchia baita che si pone poco lontano da dove mi trovo, proprio a ridosso della base delle Crepe di Sora Pioda e che racchiude a se una storia tanto cara.
Una storia di mille storie, la mia...
La raggiungo con tanta emozione dentro, per quella storia che ora mi rappresenta e che inevitabilmente mi riporta indietro nel tempo. Per entrare all’interno di una sfera molto personale, quella di Malga Pioda e del Rifugio Coldai è stata la mia prima escursione in assoluto. Tornando indietro di quarant’anni fa quando con mio papà mi accingevo ad arrivare in Pioda direttamente dai Piani di Pezzè, in quel di Alleghe. Quattro i punti fondamentali che hanno plasmato la mia passione per le Dolomiti, quattro punti importanti che hanno dato il via a un lungo cammino che ancora oggi porto avanti con passione infinita: Malga Pioda, questa piccola e vecchia baita, il Rifugio Coldai e il Lago Coldai. Tutto ciò che mi ha portato fino a oggi si racchiude in questi quattro luoghi per me indimenticabili.
Ma soffermarmi troppo in particolari così personali porta anche tanta malinconia verso tempi che la vita stessa non mi potrà più dare. Tempi in cui tutto agli occhi di adesso era ben diverso. Tempi in cui i miei cammini profumavano di un "odore" diverso, quasi più libero e con quell’energia che ora, magari visto anche l’età, sembra rispecchiarsi meno. Ma questo potrebbe essere un mio pensiero personale, che comunque sia non va a influire in modo negativo su ciò che sono ora e su quelle che sono le mie aspettative future. Questa vecchia baita è ancora li, ferma all’interno di un tempo che di stagioni ne ha viste tante e che per tutte le volte in cui sono salito quassù è divenuto inevitabile raggiungerla e toccarla per l’ennesima volta. Lei è testimone vivente di tanti miei passaggi lungo la Pioda e spero che lo sia anche per il futuro.
Col de la Traversa – 1887m
Il Pelmo rimane uno di quei riferimenti che ora attraggono maggiormente la mia attenzione. Dalla vecchia baita lo osservo con molta attenzione cercando di capire la direzione di un vento che improvvisamente spinge una grossa nube a coprirne una buona parte. Sembra quasi scomparire dalla faccia della terra, sembra che la possente montagna sia improvvisamente inghiottita da chissà quale forza misteriosa.
Ma come sempre io rimango fiducioso e legato a quel pensiero in cui basta chiedere per poter ricevere. Il tempo di scendere nuovamente in direzione della casera per salire leggermente verso il versante opposto dove, dal piccolo Tabià Pioda (1843m), osservare con molta attenzione tutti quei particolari naturali carichi di luce e colori. Il tempo per una piccola pausa da dedicare a questo nuovo punto di vista, dove l’intero versante a Est del Monte Civetta si espande in alta quota tra la Busa del Toro (2268m) e di Cima Coldai (2403m).
Dal piacevole tabià è questione di una piccola deviazione sempre su di un ampia forestale. Una decina di minuti per raggiungere così il versante maggiore del Col de la Traversa e trovarmi di fronte a uno dei panorami più belli che va oltre al maestoso Pelmo. È come avere tre territori in un unico punto di vista. Se a fare testo è la figura stessa del monte Pelmo, a ornare questa magnificenza è una panoramica che raggruppa a se il meglio della Val di Zoldo, del Passo Staulanza che con il Monte Crot apre le porte alla Val Fiorentina e a quei suoi gruppi montuosi superiori. È un immagine che si apre su di un sipario carico di emozione. Il Pelmo certo come il Crot ovviamente, ma se mi impegno anche di poco dal Cernera, Ponta Lastoi de Formin, Cima Ambrizzola e il Becco di Mezzodì sono solo la cornice perfettamente illuminata dal sole che racchiude a se il versante maggiore del Mondeval.
Vorrei fermarmi quassù per l’intera giornata. Fermarmi quassù per ammirare l’evolversi delle ore che guardano verso un primo pomeriggio e quel tramonto a scandire l’estrema bellezza di questo luogo. Un enorme abbraccio che, sebbene la presenza dei tralicci degli impianti invernali, non viene assolutamente a mancare. Torno al pensiero che spesse volte accetto come una “conseguenza” che non cambia per nessun motivo lo spirito che tengo dentro. Quel pensiero in cui determinate situazioni, come tralicci metallici o altro che fanno comunque parte della montagna da sempre, e da quelle attività invernali in cui la montagna stessa è un ambiente di tutti indipendentemente da come la si vive e da come la si deve rispettare. Certo che certi contesti risultano pesanti da parte della mano dell’uomo, ma dopotutto tutti hanno lo stesso diritto.
Casera Vescovà – 1729m
Guardo ora a quella seconda parte di giornata. Più veloce come cammino rispetto alla prima parte, essendo più corta e in completa discesa fino al rientro in Palafavera. Ma per non rendere troppo veloce questo proseguo decido di abbandonare temporaneamente il sentiero (la strada forestale) per seguire l’avvicinamento al Col dei Baldi e alla Vescovà seguendo un sentiero immaginario e che si pone al mio istinto e a quei punti di riferimento che impongono sicurezza e tranquillità. Da questo punto infatti, Col de la Traversa, seguo un leggero sali e scendi che dalla Treversa mi accompagna dolcemente tra prati e spalle boschive del Col di Dof (1917m) e della Roa Bianca (1960m). Si tratta di un cammino che scorre più a monte della forestale che rientra in Tabià Pioda per congiungersi facilmente al Col dei Baldi. Quassù invece è un cammino tutto mio e di nessun altro, dove l’erba essiccata dal gelo non porta nessuna impronta umana ma qualche escremento di qualche animale selvaggio.
Un passaggio che obbligatoriamente mi impone di scendere nuovamente di quota, con poche difficoltà tecniche e fisiche, per congiungermi con il sentiero 561 all’altezza del Col dei Baldi. Un ampio pianoro che assume la forma dell’ennesima pista invernale, per scendere nell’immediato seguendo questa volta un sentiero vero e proprio. Una leggera curvatura sulla sinistra prosegue la discesa invernale mentre io, grazie alla presenza di una tabella escursionistica, tenendo sulla destra in pochi minuti arrivo in Casera Vescovà. È in questo punto che ammiro maggiormente la vista verso l’ormai Val Fiorentina. Sia la Vescovà che la “cugina” Malga Fontanafredda rientrano già nel territorio della Fiorentina, giusto il tempo per camminare lungo questo versante.
Nota: Casera Vescovà e Casera Fontanafredda offrono ospitalità turistica unicamente durante la stagione estiva.
Val Posedera
Una lunga striscia boschiva che dalla Vescovà prosegue una dolce e tranquilla passeggiata sempre in continua discesa. Ora per rientrare in Palafavera è questione di quella mezz’oretta in tutta tranquillità e serenità. Una valle che porta con se la vicinanza al Monte Crot ma soprattutto quell’eterna vista panoramica verso il Monte Pelmo, vero mentore storico di questa mia giornata. A differenza delle ore precedenti il cammino si pone alla base del possente “Caregòn del Padreterno”, dove la sua grandezza e maestosità ora assume un aspetto del tutto differente.
Un cammino finale piacevole tra questi boschi della Posedera, con la grande montagna che sulla sinistra mi accompagna verso la fine di questa mia giornata. E nel frattempo il cielo si copre di nuvole grigie, oscurando almeno per oggi il suo azzurro e quei colori che per tutta la giornata mia hanno reso partecipe di un dipinto naturale indimenticabile.
Stefano
Paesaggi stupendi
Monte Pelmo più che favoloso.
👍👋
Escursione favolosa!!!
Complimenti Stefano!